Fiorentina, il Crollo: Stagione da Record in Negativo

La stagione 2025/26 della Fiorentina rischia seriamente di entrare negli archivi del club come una delle più difficili di sempre. Non per imprese sportive o traguardi memorabili, ma per una serie di record negativi che stanno segnando il cammino della squadra fin dalle prime giornate. Un avvio disastroso, una classifica preoccupante e un clima di costante tensione hanno trasformato quella che doveva essere una stagione di consolidamento in un percorso pieno di incognite. (Instagram)

I numeri
I numeri raccontano una realtà impietosa. Dopo le prime 15 giornate di campionato, la Fiorentina non ha ancora mai vinto e ha fatto registrare la media voto più bassa della sua storia recente in Serie A: 6.68. Un dato che fotografa perfettamente il momento della squadra, costantemente sotto la sufficienza e incapace di dare continuità alle prestazioni.
Il confronto con la scorsa stagione rende il quadro ancora più chiaro: il rendimento medio è crollato in modo netto, trasformando una squadra solida e competitiva in una formazione fragile, insicura e poco incisiva in entrambe le fasi di gioco. (Instagram)

Il crollo dei leader tecnici
Uno degli aspetti più preoccupanti è il calo simultaneo dei giocatori di riferimento. I dati individuali confermano che il problema non riguarda singoli casi isolati, ma l’intero impianto tecnico della squadra.
David De Gea, protagonista assoluto nel 2024/25 con una media voto di 7.50, è sceso a 6.70. Nonostante continui a essere tra i portieri più impegnati del campionato per numero di parate, paga una fase difensiva disorganizzata che lo espone costantemente a situazioni di emergenza.
Anche Dodô ha subito un ridimensionamento evidente: da 7.14 a 6.75. Il suo apporto offensivo è diminuito e, allo stesso tempo, la squadra fatica a proteggerlo in fase di non possesso, riducendone l’efficacia complessiva.
Sulla fascia opposta, Robin Gosens è passato da 7.16 a 6.73. Meno incisivo negli inserimenti e meno continuo nell’arco dei novanta minuti, simbolo di una squadra che fatica a sfruttare le corsie laterali come in passato.
In avanti, il dato più emblematico è quello di Moise Kean. Dopo una stagione da 7.21 di media con 9 gol, l’attaccante è sceso a 6.53, con un contributo offensivo drasticamente ridotto. Le difficoltà nel creare occasioni pulite e la mancanza di supporto costante hanno inciso pesantemente sul suo rendimento.
Discorso simile per Albert Guðmundsson, passato da 7.03 a 6.58. Meno coinvolto nel gioco e meno decisivo negli ultimi trenta metri, fatica a trovare continuità in una squadra che raramente riesce a mettere i propri talenti nelle condizioni ideali per esprimersi.

Identità di gioco smarrita
Le cause di questa crisi sono molteplici e intrecciate. Sul piano tecnico-tattico, la Fiorentina non è mai riuscita a costruire un’identità chiara. La fase difensiva appare disordinata, il centrocampo perde spesso il controllo del ritmo della gara e l’attacco fatica a capitalizzare le occasioni create.
I rating costantemente bassi, anche nelle partite meno negative, raccontano di una squadra che non riesce quasi mai a raggiungere una sufficienza collettiva, vivendo di episodi isolati e non di un sistema solido.
Panchina e instabilità
La gestione della panchina ha inciso in modo significativo. Dai cambi di guida tecnica, unite a una pressione ambientale crescente, hanno minato la serenità del gruppo. Il ritiro deciso dalla società è il segnale più evidente di una situazione fuori controllo: una scelta estrema che certifica l’emergenza, ma che finora non ha prodotto un vero cambio di rotta.

Mercato e mancanza di leadership
Anche il mercato ha le sue responsabilità. La rosa, sulla carta competitiva, si è rivelata sbilanciata e priva di veri leader capaci di trascinare la squadra nei momenti di difficoltà. Il calo simultaneo dei giocatori più rappresentativi è la prova di una mancanza di punti di riferimento chiari all’interno del gruppo.

Europa e campionato: due facce opposte
Il paradosso della stagione viola resta il rendimento nelle competizioni europee. In Conference League, la Fiorentina ha mostrato a tratti un volto diverso: maggiore intensità, più attenzione e una discreta capacità di reazione. In campionato, invece, il peso della classifica e l’assenza di risultati positivi amplificano ogni errore, rendendo evidente soprattutto un problema mentale.

La peggiore della storia recente
Risultati e valutazioni raccontano una verità difficile da ignorare: questa è una delle peggiori stagioni della Fiorentina per rendimento medio. Una squadra che raramente supera il 6.5 di media partita e che, giornata dopo giornata, continua a riscrivere record negativi.
Per evitare che la stagione si trasformi definitivamente in un fallimento, la Fiorentina è chiamata a decisioni immediate. La prima riguarda la guida tecnica: confermare l’allenatore con piena fiducia e un progetto definito oppure cambiare subito, evitando soluzioni temporanee che rischiano solo di rimandare i problemi. La seconda riguarda la rosa: serve una valutazione lucida, puntando su equilibrio, personalità e concretezza. Recuperare fiducia è fondamentale per trasformare la paura di perdere in fame di riscatto.
Il tempo per rimediare non è ancora finito. Ma ora, più che mai, le scelte non possono più essere rimandate.
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I numeri
I numeri raccontano una realtà impietosa. Dopo le prime 15 giornate di campionato, la Fiorentina non ha ancora mai vinto e ha fatto registrare la media voto più bassa della sua storia recente in Serie A: 6.68. Un dato che fotografa perfettamente il momento della squadra, costantemente sotto la sufficienza e incapace di dare continuità alle prestazioni.
Il confronto con la scorsa stagione rende il quadro ancora più chiaro: il rendimento medio è crollato in modo netto, trasformando una squadra solida e competitiva in una formazione fragile, insicura e poco incisiva in entrambe le fasi di gioco. (Instagram)

Il crollo dei leader tecnici
Uno degli aspetti più preoccupanti è il calo simultaneo dei giocatori di riferimento. I dati individuali confermano che il problema non riguarda singoli casi isolati, ma l’intero impianto tecnico della squadra.
David De Gea, protagonista assoluto nel 2024/25 con una media voto di 7.50, è sceso a 6.70. Nonostante continui a essere tra i portieri più impegnati del campionato per numero di parate, paga una fase difensiva disorganizzata che lo espone costantemente a situazioni di emergenza.
Anche Dodô ha subito un ridimensionamento evidente: da 7.14 a 6.75. Il suo apporto offensivo è diminuito e, allo stesso tempo, la squadra fatica a proteggerlo in fase di non possesso, riducendone l’efficacia complessiva.
Sulla fascia opposta, Robin Gosens è passato da 7.16 a 6.73. Meno incisivo negli inserimenti e meno continuo nell’arco dei novanta minuti, simbolo di una squadra che fatica a sfruttare le corsie laterali come in passato.
In avanti, il dato più emblematico è quello di Moise Kean. Dopo una stagione da 7.21 di media con 9 gol, l’attaccante è sceso a 6.53, con un contributo offensivo drasticamente ridotto. Le difficoltà nel creare occasioni pulite e la mancanza di supporto costante hanno inciso pesantemente sul suo rendimento.
Discorso simile per Albert Guðmundsson, passato da 7.03 a 6.58. Meno coinvolto nel gioco e meno decisivo negli ultimi trenta metri, fatica a trovare continuità in una squadra che raramente riesce a mettere i propri talenti nelle condizioni ideali per esprimersi.

Identità di gioco smarrita
Le cause di questa crisi sono molteplici e intrecciate. Sul piano tecnico-tattico, la Fiorentina non è mai riuscita a costruire un’identità chiara. La fase difensiva appare disordinata, il centrocampo perde spesso il controllo del ritmo della gara e l’attacco fatica a capitalizzare le occasioni create.
I rating costantemente bassi, anche nelle partite meno negative, raccontano di una squadra che non riesce quasi mai a raggiungere una sufficienza collettiva, vivendo di episodi isolati e non di un sistema solido.
Panchina e instabilità
La gestione della panchina ha inciso in modo significativo. Dai cambi di guida tecnica, unite a una pressione ambientale crescente, hanno minato la serenità del gruppo. Il ritiro deciso dalla società è il segnale più evidente di una situazione fuori controllo: una scelta estrema che certifica l’emergenza, ma che finora non ha prodotto un vero cambio di rotta.

Mercato e mancanza di leadership
Anche il mercato ha le sue responsabilità. La rosa, sulla carta competitiva, si è rivelata sbilanciata e priva di veri leader capaci di trascinare la squadra nei momenti di difficoltà. Il calo simultaneo dei giocatori più rappresentativi è la prova di una mancanza di punti di riferimento chiari all’interno del gruppo.

Europa e campionato: due facce opposte
Il paradosso della stagione viola resta il rendimento nelle competizioni europee. In Conference League, la Fiorentina ha mostrato a tratti un volto diverso: maggiore intensità, più attenzione e una discreta capacità di reazione. In campionato, invece, il peso della classifica e l’assenza di risultati positivi amplificano ogni errore, rendendo evidente soprattutto un problema mentale.

La peggiore della storia recente
Risultati e valutazioni raccontano una verità difficile da ignorare: questa è una delle peggiori stagioni della Fiorentina per rendimento medio. Una squadra che raramente supera il 6.5 di media partita e che, giornata dopo giornata, continua a riscrivere record negativi.
Per evitare che la stagione si trasformi definitivamente in un fallimento, la Fiorentina è chiamata a decisioni immediate. La prima riguarda la guida tecnica: confermare l’allenatore con piena fiducia e un progetto definito oppure cambiare subito, evitando soluzioni temporanee che rischiano solo di rimandare i problemi. La seconda riguarda la rosa: serve una valutazione lucida, puntando su equilibrio, personalità e concretezza. Recuperare fiducia è fondamentale per trasformare la paura di perdere in fame di riscatto.
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